Stagflazione e maggiore volatilità in Europa e Usa. Report di Filippo Casagrande

Che cosa succederà alle economie dell’Europa e degli Stati Uniti. L’analisi di Filippo Casagrande, Head of Insurance Investment Solutions di Generali Asset & Wealth Management.

La stagflazione riflette in una parola sola l’attuale complicata congiuntura economica: da un lato, l’inflazione rimane a livelli molto elevati, facendo persino segnare nuovi massimi. Dall’altro, le stime di crescita sia per il 2022 sia per il 2023 continuano ad essere riviste al ribasso. Ad aggravare il quadro la crisi degli approvvigionamenti e i prezzi dell’energia per il prossimo futuro, specie in Europa. È sotto gli occhi di tutti come siamo in un periodo in cui la combinazione di tensioni geopolitiche, in primis il conflitto in Ucraina, e le limitazioni di risorse una volta considerate abbondanti (come appunto energia, ma anche lavoro a basso costo) stiano mettendo in crisi i modelli di politiche economiche adottati nell’ultimo decennio. Al tempo stesso, gli alti livelli di indebitamento pubblico raggiunto nella maggior parte dei paesi avanzati e in alcuni paesi in via di sviluppo pongono dei limiti alla capacità di reazione a futuri shock economici. La maggiore incertezza geopolitica e i limiti posti alle politiche monetarie e fiscali non possono che risultare in un aumento della volatilità dei cicli economici, e di conseguenza una maggiore volatilità sui mercati finanziari. Questo nuovo scenario impone una capacità di analisi maggiore del recente passato e un approccio ancora più attento agli investimenti e alla costruzione dei portafogli. I numeri dell’inflazione Nell’ultimo mese i dati dell’inflazione non sono stati incoraggianti, sorprendendo ancora una volta al rialzo. Negli Stati Uniti, l’inflazione complessiva ha toccato il +9,1% su base annua a giugno, in rialzo dall’8,6% segnato in maggio e sopra le stime degli analisti (+8,8%). Si tratta del livello più alto dal lontano novembre 1981. A spingere ulteriormente al rialzo la crescita dei prezzi sono stati gli aumenti della componente energia (+41,6% anno/anno) e gli alimentari, che con la loro componente di alimentari per uso domestico segnano un +12,2% anno/anno (erano a +0,7% a maggio 2021), il maggior aumento dalla primavera del 1979. Se le componenti di cibo ed energia segnano nuovi massimi, la componente “core” segna un rallentamento, seppur marginale, dal +6,0% di maggio al +5,9% di giugno. Il dato però ha sorpreso al rialzo rispetto alle stime degli analisti (+5,7%) e la sua composizione interna mostra dinamiche poco rassicuranti. Quei fattori più volte citati dalla Fed nel corso del 2021 per indicare come “temporanea” la salita dei prezzi (ad esempio auto usate, prezzi degli hotel) segnano un sensibile rallentamento, passando dal +20,1% di febbraio all’attuale +8,2%. Anche in Eurozona le dinamiche inflattive preoccupano gli investitori. L’inflazione complessiva nel mese di giugno segna un +8,6% su base annua, un nuovo record dopo il già elevato +8,1% registrato a maggio. Va ricordato, inoltre, che tale dato beneficia degli interventi dei governi per calmierare i prezzi dell’energia. L’impatto di questi interventi a livello europeo è stimabile in una riduzione di mezzo punto percentuale del tasso di inflazione a maggio (ultimo dato disponibile), ma paesi come Italia (-1,3%) e Spagna (-0,9%) hanno adottato misure particolarmente incisive. Più recentemente, alcuni paesi hanno annunciato altre misure per calmierare la crescita dei prezzi, tra cui Germania e Spagna che hanno lanciato piani di sensibile riduzione dei prezzi dei mezzi pubblici, al fine di alleviare l’impatto dell’aumento dei carburanti. E proprio grazie alle misure prese in Germania (trasporto pubblico a 9 euro/mese da giugno ad agosto), l’inflazione core ha segnato un leggero rallentamento, dal +3,8% di maggio al +3,7% di giugno. Nonostante il lieve calo, il livello di inflazione core rimane pressoché doppio rispetto al target della BCE, riflettendo la forza del mercato del lavoro anche in Europa, con il tasso di disoccupazione sceso al 6,6% a maggio, il livello più basso dalla nascita dell’euro. Guardando alle previsioni medie annue, continua la corsa al rialzo nelle stime di consenso. Secondo i dati di Bloomberg, la stima dell’inflazione media per il 2022 negli Stati Uniti è arrivata al 7,9% (dal 7,1% di fine maggio e 4,4% di inizio anno). In Eurozona, la stima è salita al 7,5% dal 6,8% di fine maggio (e 2,45% di inizio anno). Salgono anche le stime per il 2023, arrivate rispettivamente al 3,6% negli Stati Uniti e al 3,4% in Eurozona (ben sette decimi in più dai livelli di fine maggio). Crescono le nubi sulla crescita Nell’ultimo mese il deterioramento delle stime di crescita è stato particolarmente marcato e si comincia a parlare apertamente di una recessione nei prossimi trimestri. Secondo i dati raccolti, le stime di crescita del PIL per il 2022 negli Stati Uniti sono scese dal 3,9% di fine 2021 all’attuale +2,1%, mentre quelle per il 2023 sono calate dal 2,5% all’1,3% (un calo di 7 decimi in un solo mese). Dinamiche simili nell’Eurozona, con le stima per il 2022 tagliate dal 4,2% al 2,7% e quelle per il 2023 dal 2,50% al 1,35% (anche in questo caso meno 7 decimi nell’ultimo mese). Anche il mercato del lavoro mostra alcuni segnali di rallentamento, sebbene al momento i segnali tra le diverse indagini siano contrastanti. Il segnale più indicativo di un rallentamento arriva dagli indicatori di fiducia delle imprese manifatturiere e dei servizi, con l’indice Employment delle indagini ISM scesi a 47.3 (manifattura) e 47.4 (servizi), abbondantemente sotto il livello 50 che indica storicamente una contrazione. In Europa, a queste dinamiche comuni agli Stati Uniti, si aggiungono i rischi posti dagli approvvigionamenti energetici. Nell’ultimo mese lo scenario è notevolmente peggiorato. Dapprima un’esplosione agli impianti di liquefazione del gas in Texas, snodo delle esportazioni di Liquified Natural Gas (LNG) verso l’Europa, ha fortemente ridotto le prospettive di flussi dagli Stati Uniti. Nei giorni immediatamente successivi, la società russa Gazprom ha annunciato una progressiva riduzione dei flussi verso l’Europa, fino ad una completa interruzione dei flussi tramite il gasdotto Nord Stream 1, a causa della necessità di sostituzione di una turbina. Mentre il Canada ha dato il via libera alla consegna della turbina alla Russia, c’è estrema incertezza su una effettiva ripresa dei flussi verso l’Europa, con Gazprom che ha annunciato lunedì (18 luglio) lo stop a tempo indeterminato dei flussi verso la Germania per cause di forza maggiore. I prezzi del gas in consegna in Europa a dicembre 2022 hanno fatto segnare un rialzo di quasi il 90% nell’ultimo mese, raggiungendo un prezzo dieci volte maggiore rispetto ai livelli prevalenti nel periodo 2017-2020. Le politiche monetarie Dopo le forti revisioni al rialzo nelle aspettative di aumento dei tassi di interesse registrate nella prima metà di giugno a seguito dei dati sopra le attese dell’inflazione negli Stati Uniti e la comunicazione meno accomodante di BCE e Fed, nell’ultimo mese abbiamo assistito ad una divergenza tra dichiarazioni delle banche centrali e movimenti di mercato. Gli investitori hanno, infatti, cominciato a scontare l’impatto di una possibile recessione sulla capacità di rialzi delle banche centrali, anticipando il picco dei tassi della Fed dalla prima metà del 2023 alla fine del 2022 e cominciando a scontare tagli dei tassi nel corso del 2023. Anche per la BCE, le stime di rialzo dei tassi, salite fino al 2,50% per fine 2023, sono state ridimensionate, e vedono ora un tasso Euribor all’1,25% a fine 2022 e 1,65% a fine 2023. I mercati finanziari e le prospettive Ci dobbiamo abituare ad un mondo segnato da volatilità strutturalmente più elevate, sia in termini socio-economici, sia in ambito finanziario. Le ultime sei settimane nel mondo obbligazionario sono state caratterizzate da livelli eccezionali di volatilità. L’indice obbligazionario Investment Grade europeo (aggregato governativi e corporate) ha registrato una volatilità realizzata superiore al 10% annualizzato, un livello quadruplo rispetto gli standard degli ultimi 20 anni. È stata perfino superata la volatilità realizzata durante le settimane della prima ondata Covid, il precedente massimo storico dalla nascita dell’euro. Anche negli Stati Uniti, la volatilità del mondo obbligazionario è eccezionalmente elevata. La volatilità implicita sui titoli Treasury ha recentemente toccato un picco pari a quello raggiunto a marzo 2020, e bisogna ritornare alla Great Financial Crisis del 2008/09 per trovare valori più alti. Dopo le forti perdite registrate nelle prime due settimane di giugno, i titoli governativi dei paesi sviluppati hanno registrato un notevole rimbalzo, con forti cali dei rendimenti, che hanno seguito il ridimensionamento delle aspettative sui tassi di riferimento delle banche centrali. Il rendimento dei Bund tedeschi a 10 anni, dopo aver toccato l’1,90%, è sceso nuovamente in area 1,20%. Il mercato del credito Investment Grade ha beneficiato di questo calo dei rendimenti, seppur vi sia stato un ulteriore moderato allargamento degli spread. Netta, invece, la sottoperformance del comparto High Yield, il cui spread in Europa ha ampiamente superato i 600 punti base, i livelli più alti dall’aprile 2020. Per quanto concerne i mercati azionari, c’è stato un tentativo di rimbalzo, più marcato negli Stati Uniti, mentre l’Eurozona ha segnato una lieve flessione in ragione dei timori sugli approvvigionamenti energetici e i rinnovati timori sulla Cina (incertezze sul mercato dei mutui immobiliari). Tuttavia, il fattore più significativo nel comparto azionario nell’ultimo mese è stata la forte sovraperformance del comparto Growth (+5,5% da metà giugno) rispetto al comparto Value (-4,1%), in particolare in Europa. A guidare tale movimento, il crollo di Basic Resources, Energy e Banks, fino ad un mese fa tra i migliori settori sui listini europei. Tali settori hanno sofferto sulle prospettive di una recessione più vicina e il combinato calo di tassi e materie prime, che hanno lasciato sul campo due terzi dei guadagni da inizio anno. Guardando al futuro, ribadiamo lo scenario di maggiore volatilità e incertezza, che a differenza di passati episodi, coinvolge in misura maggiore il mondo obbligazionario e (almeno fino ad ora) in misura più contenuta il mondo azionario. L’incertezza sulle dinamiche economiche e il precario equilibrio tra necessità di politiche monetarie restrittive per combattere l’inflazione da un lato, e timori di una recessione dall’altro, sono temi che ci porteremo avanti per l’intero proseguo dell’anno. Cercare esposizioni a strategie liquid alternative: l’attuale incertezza dello scenario macro favorisce le strategie alternative che sono in grado di beneficiare di diversi scenari con un approccio altamente attivo (long short, event drive, etc.) in particolar modo da favorire le strategie macro discrezionali e sistematiche e le strategie a bassa correlazione. Per quanto riguarda gli investimenti in private assets, considerando il premio di illiquidità e i rendimenti corretti per il rischio, riteniamo che il trend di allocazione graduale verso i mercati privati continuerà beneficiando della capacità di impiegare il capitale a migliori valutazioni , ma sarà importante concentrarsi su strategie difensive come prestiti senior e secured lending, guardando con attenzione alle così dette “strategie distressed”. 24 Luglio 2022

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